Basta il nome, Peste Bubbonica per generare forti preoccupazioni. Il nome di questa malattia riporta la mente alle epidemie che secoli addietro seminarono panico e morte, decimando la popolazione mondiale. allora era inesorabile, chi ne veniva contagiato aveva il destino segnato nella quasi totalità dei casi. Oggi la Peste Bubbonica è una malattia quasi dimenticata, ormai si poteva considerare una malattia totalmente debellata, invece, a sorpresa, dopo quasi 27 anni dall’ultimo caso registrato, rispunta.
La Peste bubbonica ritorna
Dopo quasi 27 anni dall’ultimo caso registrato, oggi ad ammalarsi di peste è un bambino dell’Idaho, ammalatosi circa un mese fa ma le conferme della malattia è arrivata solo in questi giorni. Il bambino risponde bene alle terapie e ora sta meglio .
Non è chiaro, però, come il bambino abbia contratto questa temibile malattia. Il contagio avviene attraverso gli animali, è classificata come zoonosi e in passato le terribili epidemia erano trasmesse da topi e pulci. Sotto osservazione sono gli scoiattoli, roditori come i topi che potenzialmente possono essere infetti e trasmettere la peste.
Cosa è la Peste Bubbonica
L’aggettivo “Bubbonica” deriva dal fatto che questa infezione colpisce i linfonodi, ingrossandoli, formando dei Bubboni che poi scoppiano riversando tessuto e liquidi necrotici di colore nerastro, da qui anche il nome alternativo di “Peste nera”.
Responsabile della malattia un batterio, il Yersinia pestis che ha come vettore le pulci che dall’animale infetto possono attaccare l’essere umano inoculando il batterio con le loro morsicature. Il batterio può essere trasmesso anche da uomo a uomo.
L’OMS obbliga alla denuncia della malattia anche se solo sospettata e obbliga alla quarantena dei soggetti colpiti. Nonostante sia una malattia quasi dimenticata, tra il 2010 e il 2015 sono stati 3248 i casi sospetti in tutto il mondo con l’esclusione dell’Oceania, con 584 morti accertati.
Come si trasmette la Peste
La malattia colpisce il sistema linfatico, da qui la localizzazione nei linfonodi e viene trasmessa dalle pulci dei ratti, così’ chiamate perché tipiche dei topi ma anche di altri animali, in particolare i roditori, che possono trasmettere il batterio anche direttamente tramite morsi.
Le persone infette possono trasmettere la malattia ad un altra persona tramite pulci dell’uomo e pidocchi. Il periodo di incubazione è di 2-12 giorni e l’insorgenza è violenta, con febbre alta, mal di testa, debolezza grave ma anche fotosensibilità, nausea e disturbi del sonno e si può anche arrivare al delirio.
Nella sede cutanea di inoculazione del batterio si può riscontrare necrosi o una pustola mentre talvolta si presentano delle petecchie diffuse in tutto il corpo ma il segno più consistente dal punto di vista clinico è l’ingrossamento dei linfonodi.
I batteri responsabili della peste sopravvivono anche se fagocitati dai leucociti e si accumulano nei linfonodi; questi si ingrossano e sotto l’azione dei batteri danno origine ad un accumulo emorragico e necrotico.
La diffusione nell’organismo
In molti casi, quelli gravi, l’infezione si propaga all’intero organismo, provocando una setticemia,ma peste setticemica che mette a forte rischio la sopravvivenza della persona. Si realizza un’insufficienza cardio circolatoria, una necrosi che parte da mani e piedi per diffondersi dando complicazioni renali e emorragie interne e questo porta frequentemente alla morte.
Nei casi meno gravi, passata la febbre, i bubboni scoppiano espellendo pus e liquidi necrotici e cominciando a guarire lasciando, però, evidenti cicatrici.
Come si cura la Peste
E’ importante diagnosticare questa malattia più precocemente possibile per instaurare la migliore terapia possibile che consiste nella somministrazione di antibiotici, quelli di prima scelta sono la gentamicina e la streptomicina ma i medici possono anche optare per altri antibiotici, in base alla loro esperienza e ad analisi specifiche che indicano un antibiotico invece di un altro.
Esiste un vaccino contro la Peste ma ha una durata molto limitata nel tempo, per cui si rischia di non avere comunque alcuna copertura; per questo l’uso di questi vaccini resta limitato a figure professionali specifiche quali ricercatori e biologi.